CHI SONO

PIETRO GRASSO

(estratto dal sito ufficiale www.pietrograsso.org)

Sono nato a Licata, in provincia di Agrigento, e cresciuto a Palermo, città che con la sua storia e il suo patrimonio di bellezza e insieme di violenza, ha influenzato le scelte più importanti della mia vita, sia sul piano familiare che su quello professionale.

Sono sposato con Maria dal 1970, nostro figlio Maurilio insieme a sua moglie Lara, entrambi funzionari della Polizia di Stato, ci hanno resi nonni di Riccardo.

La mia carriera di magistrato comincia nel 1969 a Barrafranca, in provincia di Enna, per proseguire a Palermo nel 1972. É qui che comincio ad occuparmi di reati contro l’amministrazione pubblica e di criminalità organizzata. Nel 1980 divento titolare dell’inchiesta sull’omicidio del Presidente della Regione Sicilia Piersanti Mattarella.

Nel 1985 sono nominato giudice a latere nel Maxiprocesso a Cosa Nostra nato dalle indagini del pool antimafia: dal presidente Giordano sono incaricato di scrivere la sentenza, che si compone di circa settemila pagine per i 475 imputati. Quella sentenza stabilisce in modo inequivocabile l’esistenza della mafia, che molti ancora negavano, e la sua vulnerabilità.

Proprio per far conoscere la mafia come fenomeno criminale e sociale, attraverso analisi e studi, accetto nel 1989 la nomina di consulente della Commissione parlamentare antimafia presieduta prima da Gerardo Chiaromonte e poi da Luciano Violante.

Giovanni Falcone, nel frattempo nominato Direttore della Direzione affari penali del Ministero di grazia e giustizia, mi chiama con se nel maggio del 1991 come consigliere. In quei mesi iniziamo a disegnare nuovi progetti e nuove strategie di coordinamento dell’attività giudiziaria contro la criminalità organizzata: in quella sede viene decisa la nascita della Procura nazionale antimafia, delle Direzioni distrettuali e della Direzione investigativa antimafia. Purtroppo questo lavoro di architettura legislativa viene bruscamente interrotto il 23 maggio 1992 con la strage Capaci, seguita poche settimane dopo, il 19 luglio, da quella altrettanto cruenta di via D’Amelio.

Pochi mesi dopo vengo chiamato a sostituire Giovanni Falcone nella Commissione centrale per la definizione ed applicazione dello speciale programma di protezione a favore dei testimoni e collaboratori di giustizia.

Delle stragi del 1992 e del 1993 comincio ad interessarmi nelle mie nuove funzioni di coordinamento e di impulso, prima come sostituto poi come aggiunto, presso la Direzione nazionale antimafia.

Nel 1999 torno a Palermo come Procuratore capo della Repubblica. Il mio incarico palermitano dura fino al 2005: in questi anni vengono arrestate per reati di mafia più di 1.700 persone, e vengono consegnati alla giustizia 13 dei 30 latitanti più pericolosi.

Nel 2005 sono chiamato a capo della Procura nazionale antimafia, dove vengo confermato per un secondo mandato nel 2010 all’unanimità. Di questo periodo ricordo con particolare intensità i momenti precedenti la cattura di Bernardo Provenzano a Corleone l’11 aprile 2006, dopo 43 anni di latitanza.

Nell’autunno 2013 la mia esperienza di Procuratore nazionale antimafia si sarebbe conclusa, anche se sarei potuto restare in magistratura sino al primo gennaio 2020.
Ho però deciso di dare le dimissioni dall’ordine giudiziario, nel quale non potrò più tornare, di “spostarmi” in politica e di impegnarmi con il Partito Democratico per portare la mia esperienza in Parlamento, certo di poter dare il mio contributo al rilancio di temi importanti come la situazione delle carceri, la lotta alla criminalità organizzata, la difesa della legalità, la sicurezza dei cittadini e la riforma della Giustizia.