IL CONFRONTO CON PENTITO LA BARBERA CHE DICE 'LA VITTIMA E' LUI'
(Di Giuliana Palieri)
(ANSA) - ROMA, 17 MAR - ''Dopo Falcone e Borsellino'' sarebbe
toccato, nel gennaio '93, all'allora sostituto procuratore
antimafia Pietro Grasso, il giudice del maxiprocesso e dei 19
ergastoli. La sua vita doveva servire per ridare vigore alla
''trattativa Stato-mafia'' che languiva.
Pietro Grasso, nella sua prima uscita pubblica da presidente
del Senato (un dibattito sull'emergenza sicurezza a Roma), ha
raccontato per la prima volta le tappe del mancato attentato di
Monreale organizzato da Riina per oliare ''la famosa
trattativa'' che stava segnando il passo. Allora Toto' Riina
intervenne e disse, ''ci vorrebbe un altro colpettino'', e quel
''colpettino' ero io - ha spiegato Grasso - diventato oggetto
della trattativa Stato-mafia''.
Quindi si e' soffermato sulla 'vera storia' raccontando
dettagli del mancato attentato: ''Non si riusciva a capire chi
fosse il giudice 'che sta a Monreale' che doveva subire
l'attentato. Io fui chiamato da uomini della Dia per un
colloquio investigativo per vedere se riuscivo, come palermitano
a individuare il nome del magistrato; quando entrai nel luogo
segreto mi presentarono al collaboratore di giustizia come dott.
Grasso, e questi si da' una manata sulla fronte e dice 'lui e',
lui e' e non riusciva piu' a raccontare perche' davanti aveva la
vittima designata. Io lo spingevo per farlo parlare, una scena
kafkiana... poi comincio' a raccontare la storia, ossia che si
era preparato un attentato in una stradina di Monreale: li' ci
stava effettivamente la famiglia di mia moglie e c'era mia
suocera malata che io andavo a trovare molto spesso. Lui
racconta che avevano ideato l'attentato mettendo l'esplosivo in
un tombino coperto da un Fiorino Fiat con il fondo tagliato per
lavorare senza essere visti. Poi si e' posto il problema del
telecomando perche' li' davanti c'era una Banca e temevano che
il sistema di allarme potesse influenzare il telecomando
('qualche volta la Banca fa qualcosa di positivo', ha ironizzato
Grasso). Allora vanno a Catania a prendere un telecomando piu'
potente (per le dighe) e sulla strada del ritorno vengono pure
fermati da una pattuglia della polizia ma nessuno si accorge di
niente. Dopo qualche tempo viene arrestata tutta la banda in un
blitz che coinvolge anche lo stesso La Barbera e gli altri che
poi si misero a collaborare''.
Quindi l'arresto di Riina nel'93, la morte della suocera e il
conseguente stop alle visite di Monreale. ''Questa e' la storia
di come la vita e' fatta di coincidenze. Per fortuna - ha
concluso sorridendo - sono qui a raccontarlo''. (ANSA).
PAE
17-MAR-13 17:51